Come un nocciolo di pesca
“E adesso?”
“E adesso cosa?”
“E adesso cosa facciamo?”
“Perché ti sei fermato? Perché mi sei venuto a parlare?”
“Perché sei stata al gioco?”
“Non si risponde a una domanda con un’altra domanda, è da maleducati”
“Non lo so Vale, ero un po’ ubriaco. Ti ho vista e mi è preso un colpo. Per una frazione di secondo non ti ho messa a fuoco. Sono stato attratto da una persona che poteva essere chiunque e invece, ovviamente, eri tu. Come sempre. Così ho pensato di fermarmi. Il resto mi è venuto spontaneo. Pensavo mi prendessi a sberle e te ne andassi”
“Ci ho pensato in effetti”
“E poi?”
“E poi eri troppo tenero per farlo e faccio ancora fatica a gestire i miei sensi di colpa per come è finita quella sera. Non potevo proprio fare la stronza di nuovo”
“Poi ho pensato, va bene, magari così è come ricominciare daccapo. Magari così ci riconosciamo, magari va diversamente.”
“Lo so, è chiaro cosa pensassi. Per quello sono stata al gioco. E poi è stato divertente”
“Ti sei divertita?”
“Erano mesi che non mi sentivo così viva, così libera. Tu Tommy hai sto potere, lo sai. Tu mi liberi da tutte le gabbie. Sei pericoloso”
“Come va con Gianni?”
“Dobbiamo parlarne proprio ora? Dopo aver scopato?”
“No ok, scusa”
“Hurricane sta bene?”
“Sì sta benone…
Non me l’hai mai raccontata la storia di tuo fratello, non me l’hai mai raccontata così. Ci sono rimasta. Questa sera a volte ho pensato di avere davanti davvero uno sconosciuto”
“Ho passato questi mesi a cercare di riequilibrarmi. Di lavorare su di me. Di capire cose. Forse è questo”
“Ti trovo bene. Sarei qui anche se non ti conoscessi già”
“Sì?”
“Sì, questa sera è stata ancora più bella della prima volta. Mi hai presa e avvolta. Mi sono sentita tua completamente. È stato bellissimo. Non riuscivo più a stare senza baciarti, quando sei andato in bagno ho pensato che era il momento perfetto”
Valentina sorride
“Sei più ossessiva compulsiva di me. Ti piacciono i riferimenti. Ti ricordavi di Giulia. Che prontezza”
“Ahahahah no giuro quella è stata una botta di culo, ti ho detto il primo nome che mi è venuto in mente. Ci ho pensato poi durante la serata”
“Allora ti ricordi tutto”
“Sì Tommy, io mi ricordo tutto di quello che abbiamo vissuto insieme. Ogni cosa”
“Non è male vivere solo prime volte. Siamo come gatti che muoiono e rinascono in continuazione”
“Ma alla lunga è stancante”
“Anche i gatti, prima o poi, finiscono le vite”
“Non pensare che per me sia stato facile. Ogni inizio si porta dietro una fine e l’ultima io non la so ancora gestire”
“A me lo dici?”
“Lo so, lo immagino. Non puoi capire quanto mi sia sentita in colpa. Una merda. Ma che potevo fare?”
“Qualsiasi altra cosa Vale”
“Non potevo lasciarlo lì”
“Potevi non baciarlo davanti a me”
“Mi faccio schifo. Hai ragione. Potevo evitarlo. Ci ho pensato. Quando mi ha baciata avrei preferito sprofondare sotto terra. Continuavo a pensare a te, speravo non stessi guardando, speravo te ne fossi andato.”
“Ero lì”
“Lo so”
“Ho visto tutto”
“Perché?”
“Mi serviva stare male”
“Non ne avevi abbastanza?”
“Volevo vederti con lui. Volevo capire come sei quando non sei con me. Quanto sei sincera. Volevo capire qual è la forza che vi unisce. Volevo percepire una forza così forte da resistere a noi. A quello che siamo e che proviamo”
“Tu sei binario. Per te è tutto o bianco o nero. Non esistono sfumature. Ma la vita non è così. Io non sono così. Non c’è nessuna forza. Non c’è nessuna lotta tra te e lui. Siete su due binari paralleli. Non lo vuoi capire.
Ho pensato tanto a cosa sei per me. Ho pensato tanto, in questi mesi, a tutto ciò che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto. Ho pensato che ogni cosa che non faccio con te è una cosa persa. E non ho voglia di perdere altro tempo. Non ho voglia di continuare a seminare briciole. Lasciare indietro momenti che non rivivrò. Io vorrei davvero fare con te un mondo intero di cose.
Ma nel nostro mondo. Quello solo nostro. In quello reale, in quello di tutti gli altri questo non è possibile. Non lo è ancora. E non so se lo sarà mai. Ci siamo costruiti delle barriere. Una prigione dorata che è stupenda ma è falsa. E io ho il terrore che non appena mettiamo un piede fuori, la nostra bolla esplode. E con lei, noi due. E io non posso permettermelo. Quello che non capisci è che ho più paura di perdere te, di perdere noi che altro. Il mio rapporto potrebbe finire domani. Lo accetterei. Non accetto di perdere te.”
“Hai un modo strano per dimostrarlo dato che puntualmente non fai altro che dirmi addio”
“Io non ti ho mai detto addio”
“Ma vaffanculo. Vaffanculo Vale. Ma veramente”
“Calmati”
“Ma stai scherzando? Non mi hai mai detto addio?! IO ti sono corso dietro in ogni modo IO sono sempre tornato da te. IO mi sono inventato anche questa sceneggiata del cazzo. IO. E tu non mi hai mai detto addio?”
“Pensaci”
“Che cazzo vuol dire, ok non hai mai avuto le palle di farlo ma hai sempre costretto me”
“Hai ragione, non ho mai avuto il coraggio di farlo. Ma non è poco”
“La codardia no eh! La codardia come valore, però no! Questa lezione me la risparmi ok?”
“Tommaso calmati per favore. Non è un valore. La codardia è una debolezza. Non ce la faccio. Lo capisci? Mi capisci? Ti entra in testa che non ci riesco? Non riesco a muovermi e a fare cose. Io ti seguo. Io non so dirti mai di no. Puoi portarmi dove vuoi. Ti ho permesso di portarmi in un mondo che non esiste. Sono venuta a letto con te non una, ma due volte la prima sera. Io per te faccio cose inimmaginabili. Io non so dirti addio. Non so staccarmi. Lo faccio per immobilismo non per scelta.”
“Sai perché si rimane immobili?”
“Perché?”
“Perché in fondo non si sta così male. A volte le cose non devono andare bene. A volte che le cose vadano male, è un bene. Perché finché si sta bene, finché è tutto sopportabile uno non ha il vero stimolo per cambiare. E tu sei così. Alla fine tu il tuo equilibrio, anche se malato, l’hai trovato.
Nessuno sano di mente al mondo cambierebbe un equilibrio. Bisogna stare male, ma male vero. Male che non sia più sopportabile per trovare la forza che non pensavi di avere e cambiare tutto. Finché c’è un briciolo di speranza, un minimo piacere a lenire il male, ci si appiglierà a quello per non cambiare un cazzo. E tu sei così Vale. Tu stai male ma non abbastanza”
“Io invece, lo so. Io in questi mesi sono stato così male da non capire più un cazzo finché forse ho capito davvero tutto. E ora sto meglio. Stasera ti ho affrontata guardandoti in faccia. Riprendendoti. Dimostrandoti che comunque sia noi siamo questo e saremo per sempre questo.
Guardami qui, sono davanti a te. Nudo. Spolpato. Come un nocciolo di pesca. Non è così che dicevi prima?
Eccomi, mi hai trovato. Ora cosa vuoi fare?”
Valentina si avvicina a Tommaso. Poggia i suoi piedi su quelli di Tommaso. Le ginocchia si toccano. La pelle. Ogni centimetro di pelle trova il suo corrispettivo nell’altro. Lo guarda negli occhi per un minuto abbondante mentre con le braccia gli avvolge il collo.
Poi si sposta e si avvicina all’orecchio.
“Ora credo di dover andare a prenderti dei pasticcini”
Sorride. Si stacca.
Ci sono persone fatte per attrarsi. Le loro molecole. Le loro cellule sono caricate di segno opposto. Delle enormi calamite che hanno un solo scopo nella loro vita: riunirsi.
Puoi spargerle per tutto il mondo. Una a Sidney e l’altra a New York. Puoi anche farle nascere nei tempi sbagliati. Puoi giocare con le vite, se credi in queste cose. Non importa: loro si riuniranno.
Loro troveranno sempre la strada, tra la gente e gli anni. Tra le città e gli oceani. Loro scaveranno sempre il loro percorso. E più qualcuno proverà a fermarle, a intromettersi, più il solco che scaveranno sarà profondo. Con una forza inaudita e silenziosa scarteranno ogni ostacolo. Con la disinvoltura dell’ineluttabile arriveranno sempre e comunque uno di fronte all’altro.
Pronte a chiudersi e a scattare. Inondando il mondo con quel suolo magnifico che fanno due magneti quando finalmente si ritrovano dopo tanto tempo.
Fine.