Giura!
“Oddio scusami. Scusami”
Tommaso è immobile. Impassibile. Nessuna reazione. Incredulo.
Non se lo aspettava, era ovvio. Nessuno se lo sarebbe aspettato. Ok, certo, forse quella frase gli era uscita un po’ male. Va bene. Ma da qui ad arrivare a un ceffone ce ne passa.
Fatto sta che rimane immobile per qualche secondo. Un po’ come nei cartoni animati dove anche la forza di gravità non esiste e si può continuare a camminare nel vuoto finché non ce ne si accorge.
Uguale.
Rinsavito momentaneamente, senza nessuna reazione scomposta, semplicemente guarda Gaia con uno sguardo che vuol dire tipo “ma sei cogliona?”
“No davvero, ti prego scusami. Non so cosa mi sia preso. Ti ho fatto male?”
La cosa più comica di tutta questa scena poi è stato il latrato di dolore urlato da Hurricane subito dopo lo schiaffo, come se fosse stato colpito anche lui. Per poi mettersi seduto sui piedi di Tommaso, quasi a consolarlo.
“Senti, davvero. Sono mortificata. Gesù Cristo non so proprio cosa mi sia successo. Però parlami”
Nulla.
“Ehi, parlami. Per favore. Senti, posso offrirti una birra per farmi perdonare?”
“Vattene dai”
Tommaso ritrova la parola e, a quanto pare, la lucidità.
“No davvero ti prego, sono mortificata. Non posso andarmene a casa così. Devo farmi perdonare. Davvero. Te lo chiedo per favore. Fallo per Hurricane”
“Sleale”
“No, davvero, fallo per lui se non vuoi farlo per me. Altrimenti stanotte, come tutte le notti, per sfogarmi delle frustrazioni della mia vita sarò costretta a picchiarlo con la cinghia”
Ovviamente questa frase da Gaia viene pronunciata con un tono ironico, forzato, e si chiude con un mezzo sorriso mentre gli occhi cercando quelli di Tommaso, come un grimaldello pronto e infilarsi in una fessura.
Tommaso dal canto suo era appena stato colpito su un punto debole. Anzi, due.
L’ironia, soprattutto se cinica e fuori luogo, era il suo cavallo di battaglia.
E poi quegli occhi, gli occhi di Gaia. Impossibile non lasciar fare a quegli occhi tutto ciò che vogliono.
“Sia chiaro però che UNO lo faccio solo per Hurricane e DUE mi devi promettere che la prossima volta che ti viene in mente di prendermi a schiaffi, o a calci nelle palle, insomma, almeno siamo tutti nudi o, non so, vestiti di latex”
“Ma che cretino che sei”
Gaia ride come una bambina nascondendosi il volto tra le mani.
“Va bene però camminiamo, ok? Qui dentro c’è troppo casino e non mi va di rientrare, prendiamo una birra al pakistano qui di fianco e facciamo due passi, va bene?”
“Andata”
…
“Una Ichnusa non filtrata per te e una Messina coi cristalli di sale, per me. Va bene?”
“No, facciamo il contrario?”
“Non credo tu sia nella posizione di scegliere. Devi scontare una pena. Ichnusa per te”
“Ok. Ci sta. Però non tirare troppo la corda! - Ma scusa ma eri solo?”
“Quando?”
“Eh prima, al bar? Non eri con nessuno?”
“No, ero coi miei amici. Perché?”
“Eh ma te ne sei andato così? Senza salutarli?”
Tommaso si ferma. Si impala. Aspetta che Gaia si giri e lo guardi negli occhi come a dire: “e adesso che succede?”
“Gaia, quando ti rendi conto che vuoi passare il resto della tua vita con una persona, vuoi che il resto della tua vita inizi il prima possibile”
“Mmm andiamo male qui! A parte che sei un cretino, ma te l’ho già detto. Comunque, ok, io devo farmi perdonare ma questo non ti autorizza a provarci con me, te l’ho detto, sono fidanzata e anche se non lo fossi di sicuro non darei corda a uno sconosciuto raccattato fuori da un bar con la scusa del cane”
“Ah ma dai? Io sapevo che con i cuccioli si cuccava un casino - Vero o no? Vero o no? Dimmelo qui nell’orecchio Hurricane, quanti cuori ha già rubato la tua mamma eh? Dimmelo”
In effetti un “Wof, Wof” scomposto, misto a una sleccazzata d’orecchio Hurricane l’ha data come risposta. Cosa voglia dire però non ci è dato saperlo.
Gaia si è irrigidita di nuovo.
“E comunque che sei fidanzata non lo sapevo”
“Mi sembrava di avertelo detto prima, o non so, non importa. Sì, e infatti non sono la sua mamma. Hurricane è il cane del mio compagno ma quando è via il weekend glielo tengo io. E, ecco, sì. Un po’ è come se fosse anche mio però non capisco. Non riusciamo a legare. Mi sembra che non mi voglia davvero bene nonostante tutto il tempo che passiamo insieme. Scusa per prima. Hai toccato un nervo scoperto ed ecco, comunque…”
Fermandosi in mezzo alla strada, questa volta lei, tirando giù una golata di birra e allungando la mano come a volersi presentare, di nuovo.
“Valentina”
“Come?”
“Sì, Valentina, scusa. Non mi chiamo Gaia. Gaia è mia sorella. Ma è anche il primo nome corto che mi è venuto in mente. O forse mi è venuto in mente perché avevo appena letto un suo messaggio. Non lo so. Non importa. Non volevo dirti il mio vero nome. Il primo che mi è passato per la testa insomma. Non importa, Valentina comunque. Scusa. Piacere”
“Beh dai non male, in meno di mezz’ora mi hai tirato una sberla e mentito. Cos’è? Tipo quelle cene al contrario? Quelle dove si inizia dal dolce e poi finisci con gli antipasti? Noi iniziamo dai litigi e poi tra 5/6 anni magari, con calma, facciamo l’amore per la prima volta?”
“Ahahah ma vedi che sei davvero un cretino eh”
“Comunque Tommaso, mi dispiace, non ti ho mentito e non so, se vuoi mi invento un nuovo nome. O se vuoi puoi chiamarmi… chiamami col tuo nome”
“Ma tu parli sempre per citazioni?”
“Ah sì?”
“È già le seconda che fai in 5 minuti”
“La prima sarebbe?”
“Harry ti presento Sally, per chi mi hai presa scusa?”
“Ehilà, ma qui abbiamo una professionista allora. Brava, 10 punti a Grifondoro”
“Chi parla per citazioni può farmi uno shampoo allo scroto. Continuiamo così tutta la sera o ci parliamo da persone normali?”
“No comunque i miei amici non ci fanno più caso. Sanno che mi piacciono le uscite di scena in sordina. Sono solito rompermi il cazzo e andarmene senza dire nulla a nessuno.”
“Dio, ti prego. No. Non dirmi che sei un acquario”
“E tu non dirmi che sei una che segue l’oroscopo”
“Problemi?”
“Magari sei anche fissata con l’armocromia. Chessei tu? Autunno? Inverno? Sicuro na roba fredda… arida”
“A parte che stai facendo un mischione che mamma mia quanta banalità. Ma poi vattennaffanculo oh”
“Ma sei stai ridendo, è tutta la sera che ridi. Dimmi: da quanto tempo è che non ridevi così tanto?”
“In effetti”
“Boooooooooooom, colpita e affondata Vale”
“Ti ho detto che puoi?”
“Preferisci Tina? Tinetta?”
“Solo se io posso chiamarti Johnny”
“Avevamo detto basta con le citazioni?”
“Giusto. Senti una cosa. Promettimi una cosa. Non ci devi provare ok? Simpatica sta svolta di serata. Io stavo tornando a casa e mi sono vinta invece una birra. Ok. Ci sta. Però tu non farti strane idee. Non ho proprio voglia di quelle scene pessime in cui poi quando ci salutiamo tu ci provi, io mi sposto indietro. Insomma il cringe, l’imbarazzo, ecco. Stasera non è sera. Ti va? Giura! E fallo senza citare Ambra o ti tiro un altro schiaffo”
Tommaso si ferma, posa la birra. Bacia fronte e retro della sua mano destra, se la porta verso il cuore e dice:
“Giuro solennemente che non sono qui per provarci. Che non ci proverò. Che mai ti costringerò a fare testina per scansare i miei baci. Lo giuro su Marco, Luca, Matteo, Giovanni e Linda Evangelista.”
“Avevamo detto basta Cit.”
“Basta Cit.”