Un puzzle
SEI MESI PRIMA
Dopo la gita al lago Tommaso e Valentina si sono salutati con la serenità che hanno le persone quando si accorgono che non c’è altro che possono fare. Nulla da aggiungere. Hai dato tutto e anche se non è bastato, anche se rimane la delusione, per un momento resti immobile. Prima che subentri l’analisi, prima che monti la frustrazione e il rimpianto. Semplicemente sei rassegnato. Un sentimento che blocca tutti gli altri.
Scesi dalla macchina, mentre smontava la “recinzione” di Hurricane, Tommaso non era incazzato. Forse era addirittura sereno. Come a essersi tolto un peso. Giochi tutto e sai che se perdi è un casino ma se vinci non è tanto meglio, poi devi reggere il peso.
Lui sapeva perfettamente cosa provava per Valentina ma non era certo che fosse del tutto così. Il suo dubbio più grande rimaneva il fatto che parte di quel sentimento fosse dato anche dalla rincorsa, dalla distanza, da quel vorrei ma non posso. Sapeva che poteva fare tutto per lei perché tanto era comunque irraggiungibile. Insomma, non vinceva mai ma non perdeva neanche veramente.
Mentre faceva scendere Hurricane, Valentina era fuori dalla macchina a fumare una sigaretta. Davanti al portone. Il suo sguardo era annebbiato dalle lacrime, dal fumo e dalla confusione.
Si sentiva in colpa per aver fatto quel discorso proprio quel giorno, proprio alla fine di quel mese ma al tempo stesso sapeva che non avrebbe potuto più andare avanti. Fare più di così. Forse anche lei in un certo senso si sentiva sollevata.
Tommaso per lei era un futuro tanto bello quanto incerto e sapeva benissimo che un presente deludente non è una scusa sufficientemente forte per tuffarsi in un futuro incerto.
Si ripeteva nella sua testa, come in loop, che se fosse dovuto succedere sarebbe successo. Se le è venuto spontaneo dire quelle parole invece che altro. Se le è venuto spontaneo chiudere invece che credere in quel rapporto, forse era giusto così.
Allo stesso modo di come era stato giusto, perché spontaneo, fare l’amore la prima sera.
Valentina non era una persona così impulsiva in realtà però credeva molto nella forza dello scorrere e del fluire. L’acqua trova sempre modo di proseguire la sua corsa. È quando c’è un intoppo troppo grande che si creano i problemi.
Se le cose devono funzionare, troveranno i pertugi in cui infilarsi per continuare a scorrere. Se qualcosa era esploso forse voleva dire che il blocco davanti era senza scampo.
Un mantra che però non le impediva di piangere e sentirsi in colpa. Più egoisticamente sapeva che da domani avrebbe dovuto fare a meno di quella sensazione che tanto le piaceva: sentirsi speciale, sentirsi amata come forse non le era mai capitato. Essere per qualcuno il centro del mondo. Anche se diceva di odiarlo, sotto, sotto, quella sensazione le piaceva. La faceva svegliare ogni mattina con un sorriso dato dall’imprevedibilità di ciò che poteva capitare ma con la certezza che sarebbe stato qualcosa di bellissimo.
Si salutarono così, guardandosi negli occhi. Con poche parole.
Senza baci o abbracci. Occhi negli occhi. Hurricane che tira, gli sguardi si dicono:
“Forse devo andare”
“Certo devi andare, non ti preoccupare. Ora ha più bisogno lui di te che io”
Da quel momento a oggi quasi tre anni.
Quello che è successo in questi tre anni è tanto interessante quanto monotono.
Pensate ad una barca che esce dal porto, alle sue spalle ha il faro. Una luce che a intervalli regolari illumina la parte di mare che devi percorrere per andare verso la tua strada. Ogni tot ritorna. Poi il buio.
Poi ancora luce.
Poi il buio.
Quello che succede però è che continuando a navigare, man mano che la luce torna è sempre più fioca, più debole. Gli intervalli sono regolari. Luce. Buio. Luce. Buio. Ma più passa il tempo e più la luce è così debole da quasi confonderla con il buio.
Alla fine non te ne accorgi più neanche se torna. Sai che c’è, sai che è sempre lì ma non la distingui più.
In un puzzle serve molta pazienza. È dal caos che si ricrea l’ordine, scomporre, organizzare, mescolare per poi arrivare con l’ultima tessera in mano e vedere finalmente il disegno completo.
Quella sera Tommaso in tasca aveva l’ultima tessera ma ancora non lo sapeva.
Il locale è in fondo ai navigli. Per entrare c’è da fare un po’ di coda ma Alessio, l’amico di Tommaso che lo accompagna questa sera, conosce l’organizzatore.
Dentro è tutto buio salvo qualche luce strobo. La musica è così alta che quasi non si riesce a parlare.
Tommaso non voleva uscire stasera ma Federica, la ragazza con cui si frequenta ormai da qualche mese, aveva la “serata amiche” e Alessio aveva letteralmente trascinato fuori di casa Tommaso visto che negli ultimi mesi era quasi scomparso.
Sì, colpa di Federica.
“Tommy?”
“Eh”
“Vuoi bere?”
“Beh per forza!”
“Che vuoi, che lo vado a prendere io così magari non pago”
“Un Moscow”
“Davvero? Vuoi un Moscow in sto posto di merda?”
“Gin tonic?”
“Eh meglio mi sa… torno subito”
Tommaso si guarda intorno, goffo, con il giubbotto ancora addosso. Sta in un angolo come fosse in prestito. Non vuole ubriacarsi ma ha decisamente bisogno di abbassare il livello di guardia.
Controlla il telefono, Federica non gli ha scritto ma è tranquillo. Scrolla Instagram.
“Eccolo”
“Grazie Ale, alla tua”
“Senti un po’ Tommà…”
“Che?”
“Ma è tanto che non senti Valentina?”
“Vale?”
“Eh”
“Perché?”
“Vi sentite ancora?”
“Mesi! Mi ha bloccato ovunque”
“Come ti fai amare tu dalle donne eh…”
“Perché?”
“Perché l’ho beccata al bancone con una sua amica. Figa. Devo dire, figa. E mi sembrava anche piuttosto piena”
“Che cazzo dici?”
“Che culo eh? Prima sera di libera uscita dalla tipa e taaaac chi ti becchi? A volte il destino è stupendo per quanto sia stronzo”
Tommaso ha ovviamente smesso di ascoltare Alessio e sta solo cercando Valentina con lo sguardo. Un po’ per vederla e un po’ difendersi.
Dà una golata al gin tonic.
“TOOOOOOMMYYYYYY”
Valentina con un motto di spirito non da lei, si avvicina a Tommaso a braccia aperte come si farebbe con un vecchio amico che non vedi da anni. Non esattamente quello che ci si aspetterebbe da due che per smettere di parlarsi e farsi male sono costretti a bloccarsi sul cellulare a fasi alterne.
“Vale”
“CIAOOOOO TOMMY CHE CI FAI QUI”
“Sei ubriaca?”
“Sto festeggiando! Sono felice di vederti”
“Anche io Vale, anche io. Che festeggi?”
“Festeggio una settimana da quando quello stronzo mi ha mollata, salute”
Alzando al cielo il bicchiere che aveva in mano mentre le sue amiche la portano via.
Tommaso dopo lo shock iniziale in cui rimane immobile si riprende e le corre dietro
“Cosa vuol dire che ti ha mollata?”
“SONO SINGLEEEEE”
Urla Valentina mentre le sue amiche continuano a strattonarla.
Tommaso si avvicina, guarda malissimo l’amica e prende Valentina per un braccio.
“Che cazzo vuol dire che sei single, Vale?”
“Che mi ha mollata, capito? Dice che forse non mi ama più. Forse”
“Perché non me l’hai detto?”
“Perché mi hai chiesto di non farmi sentire mai più”
“Vieni fuori?”
“Cosa?”
“VIENI FUORI?”
“Vengo fuori ma tu ti calmi, ok? Promettimelo”
“Ok, promesso. Andiamo”